Buenos Aires - La forza dei movimenti nella parabola discendente del G20

4 / 12 / 2018

Da Amburgo a Buenos Aires, dalla dodicesima alla tredicesima edizione del G20, il 1 dicembre si è consumata forse definitivamente la parabola del forum che dal 1999 riunisce annualmente i leader, dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei 20 “paesi più industrializzati. Forum che spesso sono stati occasioni, per i movimenti sociali, di organizzare “contro-vertici” o appuntamenti di rilevo internazionale. Negli ultimi anni i “contro-vertici” sono usciti dalla ritualità e dal manierismo che li aveva resi un po’ ingessati e compassati. Ci eravamo infatti lasciati, ad Amburgo, con una delle più grandi insorgenze contemporanee, ci siamo ritrovati sabato 1 dicembre - ultimo giorno del summit - con la mobilitazione "Fuera G20" che è stata in grado di raccogliere le tante istanze dei movimenti sociali argentini, chiamati ad affrontare una delle fasi politiche ed economiche più difficili del loro Paese.

Il G20 di Amburgo era stato fallimentare sotto ogni aspetto, anche al di là della capacità dei movimenti di metterlo in crisi attraverso una mobilitazione radicale e duratura, e aveva lasciato ad Angela Merkel lo scotto di non aver saputo trovare mediazioni e punti comuni all’interno dei nuovi e convulsi assetti della governance. Quello di Buenos Aires mette in luce forse ancora di più l’inadeguatezza di uno strumento concepito nella fase di piena ascesa del blocco neoliberale globale. Trump commenta il documento finale come grande successo degli Stati Uniti, ma è una vittoria che aveva come obiettivo solo quello di non “subire gol”, per mutuare un’espressione calcistica. L’unico vero successo è stato quello di aver impedito nel testo finale qualsiasi riferimento negativo al protezionismo, come avrebbero voluto molti leader, tra cui lo stesso ospitante Macrì. Per il resto, soprattutto su clima e global compact, il G20 rimane inespressivo come un marmo ancora da scolpire.

Se Trump esulta, gli altri principali leader sono rimasti in sordina, con Macron costretto al rientro anticipato per via delle mobilitazioni dei gilet jaunes, Theresa May più preoccupata dal voto parlamentare sulla Brexit che da questioni internazionali e Putin che, dopo aver incassato la “non ostilità” da parte della cancelliera tedesca e del presidente francese sull’ennesima crisi militare con l’Ucraina, si porta comunque a casa una partnership con l’Argentina sull’energia nucleare.

Molto più vivace è stata la contestazione del vertice che, nella giornata conclusiva, ha portato in piazza oltre 50 mila persone. Movimenti transfemministi, organizzazioni sindacali, collettivi studenteschi e realtà sociali di vario tipo hanno posto in essere una piattaforma larga e generalizzata, in grado di esprimere le critiche alle élite globali da più punti di vista. I movimenti hanno portato in piazza anche tanti elementi di critica alle politiche liberal-conservatrici del presidente Macrì, che stanno conducendo l’Argentina in una spaventosa crisi economica.

La convergenza sul G20 di tutte le realtà è stata per i movimenti argentini un fatto significativo. Importante, a questo proposito, è stata la scelta di Ni Una Menos di riversare il queste giornate tutto il portato delle campagne sull’aborto, rafforzatesi nel Paese dopo il voto dello scorso agosto, che ha respinto la legge per la depenalizzazione. Forti le critiche espresse dalla piazza anche a tutte le gerarchie ecclesiastiche che stano appoggiando le politiche governative fortemente regressive sui temi dei diritti civili e sociali.

Le mobilitazioni sono state partecipate nonostante lo stato di allerta aumentato dagli scontri della settimana precedente che hanno portato ad annullare la partita Boca Junior- River Plate. Sono infatti stati schierati 24 mila poliziotti in tutta la città, alcune linee della metropolitana sono state chiuse, l'area dove si svolgeva l'incontro è stata blindata e l'accesso permesso solo tramite pass. Il presidente  Macrì ha inoltre dichiarato il primo dicembre festa nazionale, chiedendo esplicitamente di lasciare la città.

I dispositivi non hanno fatto paura ai movimenti, che hanno saputo massificare su contenuti radicali, che parlano di una società altra in grado di opporsi alla deriva reazionaria del neoliberismo moderno, portando in piazza una proposta che non guarda solo all’Argentina e al resto del Sudamerica, ma a tutto il mondo. Ed è proprio questo nuovo spirito, che ambisce a una prospettiva transnazionale delle lotte e dei movimenti, che ci lascia la mobilitazione argentina, contraltare di un vertice giunto ormai sul viale del tramonto.